Chiunque ha provato ansia in situazioni sociali nella sua vita: palmi sudati prima di una presentazione in pubblico, vuoto nello stomaco prima di un esame, accelerazione del battito cardiaco in attesa di un incontro importante. Perché il nostro corpo risponde in questo modo? Come tutti gli animali, di fronte ad un pericolo reagiamo lottando o fuggendo e per farlo efficacemente abbiamo bisogno che le nostre prestazioni siano migliori del solito: il respiro si fa più accelerato perché serve più ossigeno ai muscoli e siccome il sangue porta l’ossigeno, allora il cuore batte più forte in modo che ne arrivi molto e velocemente dove serve, e per lo stesso motivo anche la pressione sanguigna aumenta. Sono quindi sensazioni spiacevoli, ma assolutamente utili quando c’è da evitare qualcosa di effettivamente pericoloso: difenderci con forza da un malintenzionato, evitare all’ultimo momento una macchina che poteva investirci etc. Ma diversamente dagli altri animali, noi non reagiamo semplicemente a ciò che accade intorno a noi, ma anche a ciò che immaginiamo nella nostra stessa mente. E allora qual è il pericolo che immagina chi soffre di ansia sociale? Se torniamo agli esempi proposti all’inizio di questo articolo, cosa troviamo in comune tra presentarsi in pubblico, sostenere un esame e un incontro importante? : una situazione in cui si è potenzialmente esposti al giudizio altrui. Naturalmente, allarmarsi di fronte alla possibilità di essere giudicati capita a chiunque. Tutti quanti noi preferiamo di gran lunga essere giudicati positivamente piuttosto che, al contrario, correre il rischio di essere malgiudicati. Ma chi soffre della cosiddetta ansia sociale ha fatto un salto, dalla semplice preferenza, all’assoluto e immaginario bisogno di essere a tutti i costi giudicato bene dagli altri. E quando nella nostra mente ci creiamo l’idea di qualcosa che dobbiamo assolutamente ottenere o evitare – e non che semplicemente sarebbe meglio ottenere o evitare – , è allora che finiamo per procurarci molta e inopportuna ansia: “Riuscirò a essere ben giudicato, stimato, benvoluto? Non posso farne a meno, sarebbe terribile se non accadesse”. Ovviamente, non è vero che accade qualcosa di terribile se qualcuno ha un giudizio negativo su di noi, al limite – se proprio la situazione riveste una certa importanza – quello che accade è qualcosa di spiacevole, anche molto spiacevole, ma su cui prima o poi potremmo farcene una ragione. Ma il punto è che la cosa straordinaria di noi essere umani – nel bene e nel male – è che se siamo nella nostra testa convinti di qualcosa, anche se non c’è uno straccio di prova della verità di questa convinzione, poi finiamo per comportarci come se quello che ci stiamo raccontando sia esattamente la realtà. E allora se ci siamo convinti che sarebbe terribile, reagiremo come se davvero stesse accadendo qualcosa di terribile: ansia pompata a mille, come se stessimo affondando sul Titanic. E allora si salvi chi può, la reazione più comune è la fuga, l’evitamento, almeno quando è possibile delle situazioni considerate più a rischio: partecipazione a feste o cerimonie, avere a che fare con persone sconosciute, contraddire qualcuno, parlare in pubblico, essere al centro dell’attenzione e altre simili situazioni. Per cui non ci sente ansiosi su un aereo, sulle montagne russe o guardando un film spaventoso, ma essere in ascensore con uno sconosciuto può farci sentire intrappolati come in un film dell’orrore.
Pur interferendo quindi così pesantemente nella vita quotidiana, a scuola, al lavoro, nella capacità di avere amicizie o relazioni sentimentali, sono però molto poche le persone che pur soffrendo di ansia sociale, cercano poi aiuto per un trattamento specialistico, rivolgendosi ad uno psicoterapeuta qualificato. A volte aspettando anni prima di farlo. Oltre che alla idea che sia sminuente rivolgersi allo psicologo, uno dei motivi è che a volte l’ansia sociale viene scambiata per timidezza (per quanto, anche la timidezza, in fondo altro non è che la paura del giudizio altrui), altre volte la si attribuisce al cosiddetto ‘carattere’, sul quale ci sarebbe poco da fare (come se le persone fossero immobili e rigidi come il marmo e non organismi viventi in grado di modificarsi e cambiare).
Ci sono alcune cose che possiamo comunque provare a fare, con pazienza e costanza, per cercare almeno di contenere gli effetti dell’ansia sociale, cambiano il nostro modo di percepirla:
- Notare cosa cambia nel corpo quando si è in ansia, le sensazioni legate all’ansia per poi dire a se stessi: “Ecco, c’è ansia”; ci sono esperimenti che dimostrano che dare un nome all’emozione può farla diminuire di intensità
- Sostituire alle nostre convinzioni fatte di punti esclamativi delle domande, dei punti interrogativi; invece che “Mi stanno giudicando male ed è terribile essere giudicati male !!!” dire a se stessi: “E’ davvero così terribile essere giudicati male?” “Quali sarebbero concretamente in questo specifico caso delle possibili e nemmeno certe conseguenze negative?” “E come faccio a dire che mi stanno giudicando male? Leggo forse nel pensiero?”
- Smettere di scambiare i pensieri di ansia sociale come affidabili istruzioni e chiedersi: “Questo pensiero è una verità da credere senza riserve? Un ordine a cui obbedire automaticamente e a cui prestare attenzione? Se lascio che mi guidi, quale direzione mi farà prendere?”
- Dopo aver riconosciuto l’ansia sociale come una abitudine fatta di pensieri e reazioni emotive, che è tutta nella nostra testa e nel nostro corpo, ma che nulla o poco ha a che fare con ciò che davvero sta succedendo intorno a noi, possiamo portare la nostra attenzione sul respiro (senza forzarlo in alcun modo, il nostro respiro naturale e spontaneo di quel momento) o – se preferiamo e ci risulta più semplice – su altre sensazioni del nostro corpo, come potrebbe essere le sensazioni di contatto delle mani unite tra loro o dei piedi sul pavimento. E da questa prospettiva, possiamo notare il pensiero ansioso come quello che è – solo un pensiero – per lasciarlo andare e andare avanti.
Se quindi mettiamo da parte la tentazione di allontanare l’ansia, se la consideriamo non un male, ma qualcosa di naturale per quanto spiacevole, se smettiamo quindi di lottarci e la guardiamo per quella che è, vale a dire un fenomeno mentale transitorio, le permetteremo di andar via così come è venuta o di stare vicino a noi mentre facciamo cosa più ci piace o vogliamo fare.