Alcuni psicoterapeuti considerano l’autostima una buonissima cosa, utile e sana, da insegnare ai pazienti ed anzi da favorire in tutti quanti. Se però ci fermiamo un attimo a riflettere e ragionare, ci rendiamo conto di come il concetto dell’autostima possa invece risultare una vera e propria trappola per tutti i malcapitati che sono incoraggiati a perseguirla.
Se infatti mi giudico positivamente, degno di stima, benevolenza e amore basandomi su alcune mie qualità o capacità che imparo a riconoscere e che il mio stesso psicoterapeuta mi aiuta ad apprezzare, mi sentirò magari meglio, il mio umore sarà migliorato e i miei stessi comportamenti potrebbero meglio funzionare, ma avrò basato tutto ciò su qualcosa di molto instabile, che rischia di crollare rovinosamente in ogni momento. Qual è infatti la qualità o caratteristica personale, quale la capacità che si mantiene sempre la stessa nel tempo e continuativamente?
La realtà è che, per esempio, andiamo inevitabilmente incontro alla perdita o diminuzione della bellezza o della prestanza fisica con l’avanzare dell’età, oppure che prima o poi cadremo in un errore di prestazione ed è anche assolutamente possibile, se non certo, che gli altri mutino la considerazione nei nostri confronti, o che la persona stessa a cui più teniamo muti considerazione nei nostri confronti, e via dicendo. E allora, quel senso di valore personale così faticosamente costruito crollerà rovinosamente: siccome non posso più attribuirmi o non mi sono riconosciute quelle particolari qualità o capacità a cui avevo legato il mio valore personale, allora finisco per giudicarmi, nuovamente e globalmente, del tutto privo di valore. Il risultato finale rischia così di essere una più o meno grave depressione autosvalutativa, con conseguenze anche catastrofiche, talvolta addirittura suicidarie.
Lungi, quindi dall’essere una buona cosa, l’autostima andrebbe invece considerata come un’illusione e come una trappola micidiale. Sarebbe molto meglio accettare incondizionatamente se stessi, attribuirsi valore semplicemente in quanto esseri umani, limitati, contraddittori e fallibili. A volte facciamo cose buone, altre meno buone o del tutto errate, con conseguenze o riconoscimenti diversi, ed è un errore logico, contrario alla realtà e non funziona affatto bene, passare a giudicare tutta la nostra persona in base ad una specifica qualità o capacità, magari testimoniata dal giudizio degli altri o dalle cose possedute. Una cosa è l’essere, il tu stabile e immutabile nel tempo, altro è l’avere o il fare, che sono invece elementi mutevoli e instabili nel tempo.
Per esempio, se io dicessi a te, proprio a te che stai ora leggendo: “Sei un buono a nulla, un fallito” oppure “Hai sbagliato in questo e in quest’altro” l’effetto sarebbe del tutto diverso. Nel primo caso, ti sentiresti attaccato personalmente, nel secondo sentiresti giudicato solo un tuo comportamento, una prestazione, non quindi tutto te stesso, con effetti emotivi molto diversi. Bhè, allo stesso modo finiamo spesso – ed erroneamente – con il parlare a noi stessi (“Sono un egoista” “Sono un incapace” etc. etc.) e col condizionare di conseguenza le nostre emozioni e stato d’animo in base ad uno specifico errore o mancanza, con gli effetti autosvalutativi di cui sopra. Occorre fare molta attenzione a come quindi parliamo a noi stessi e di conseguenza finiamo per emozionarci. Da cui, regola essenziale per sentirsi più liberi, con uno stabile equilibrio interiore e rilassati: valuta i tuoi comportamenti, prestazioni o caratteristiche, ma evita di giudicare te stesso.